In tutta la Valtiberina e non solo il nome di Caprese Michelangelo è legato alle castagne. Per tutta la lunghezza del territorio, infatti, da Samprocino fino a Tramoscano, a mezza costa, i castagneti sovrastano la vallata come un grande festone. Una volta costituivano durante l'inverno la principale fonte di alimentazione: ogni famiglia aveva un appezzamento sul quale raccogliere le castagne.
L'economia di Caprese era infatti fondata su una combinazione tra l'attività della coltivazione dei campi e lo sfruttamento del bosco, il quale veniva utilizzato, oltreché per le castagne, come pascolo per gli animali, per la legna da ardere o per la raccolta dei frutti del sottobosco (come i funghi). Passeggiando tra i boschi dei castagni si notano delle antiche costruzioni in pietra, murate con terra e che risalgono addirittura al Medioevo: sono i seccatoi. In essi, un tempo, per circa un mese, vi venivano seccate le castagne: doveva esservi tenuto costantemente acceso un fuoco che facesse molto fumo ma senza le fiamme.
Per questo, almeno due volte al giorno, all'alba e al tramonto, una persona della famiglia doveva salire fino al seccatoio; qualcuno vi trascorreva direttamente la notte, magari andando, nonostante il buio della foresta, a fare due chiacchiere nel seccatoio del vicino.
Le castagne secche, molto più leggere da trasportare rispetto a quelle fresche (circa un terzo) venivano quindi portate a valle nei mulini ad acqua che sorgevano lungo la Singerna o i suoi affluenti per ricavarne farina. Da questa farina si otteneva quindi la polenta dolce di castagne, alimento principe delle tavole dei capresani del passato. A testimonianza del suo pregio e della sua qualità nel 2009 il "marrone di Caprese Michelangelo" ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta (DOP) e la sua produzione è oggi regolata da un rigido disciplinare